In antichità molti tetti delle case di Venezia erano ricoperti di paglia o legno, cosicchè - vista la vicinanza forzata degli edifici - bastava una scintilla a far incendiare mezza città.
Per questo motivo si cercarono delle soluzioni che dettero vita ai camini "lunghi" (per allontanare il punto di scarico dai tetti) e terninati a "canna rovesciata" o "tronco di cono" per rallentare nell'ultimo tratto la velocità dei fumi e consentire quindi il graduale raffreddamento delle faville.
Molti erano addirittura decorati e dipinti, se ne contano oltre 10 tipi con diverse soluzioni al medesimo problema (vari percorsi forzati per i fumi). Sono circa 7000 i camini a Venezia, ma nel '500 se ne sono censiti ben 10.357.
Tutti questi camini avevano in comune una qualche copertura alla sommità. Se ne parla in una legge emanata il 12 novembre del 1350 a Venezia, in cui si impone “ad cohoperiendum quendam caminum in quo traspluebat…”, e cioè che sia posta la copertura in sommità dei camini in modo che l’acqua piovana non penetri nella canna fumaria.
Tali soluzioni - rappresentate spesso nei quadri del Carpaccio e del Bellini - si sono diffuse ovunque nel tempo più per scelta architettonica che per reale necessità funzionale: raramente si incontrano densità abitative come quelle veneziane.
Va ricordato che anche i moderni Vigili del Fuoco incontrano serie difficoltà in caso di incendio nonostante a Venezia l'acqua non manchi di certo... Gli edifici sono spesso alti e senza il necessario spazio circostante per operare, inoltre per attingere l'acqua da un rio possono essere necessari dei percorsi davvero tortuosi tra le calli. Non dimentichiamo poi la pressione necessaria agli idranti per raggiungere la sommità degli edifici ed i danni che l'acqua salmastra - che necessariamente va usata - lascia su quanto rimane a spegnimento avvenuto.